Vitex agnus castus L.
famiglia: Verbenacee
È un tardo pomeriggio di fine settembre e mi ritrovo, non per caso, in un vigneto particolare a pochi km della costa ionica della Calabria. Un vero conservatorio di antichi vitigni del Reggino Calabro, creato dalla passione e dalla straordinaria volontà di un ex insegnante di lettere, il prof. Orlando Sculli. Un ricercatore testardo e paziente che in 30 anni di lavoro ha raccolto più di trecento vitigni autoctoni della bassa Calabria, studiandoli e catalogandoli con amore e rigore. Tra questi filari, apparentemente simili a tanti altri, mentre raccogliamo e assaggiamo compiaciuti gli ultimi grappoli di queste differenti uve, vengo incuriosito da un arbusto che confondo con la citronella, il prof. Sculli mi corregge precisando che si tratta, invece, di un Agnocasto. Agnus Castus? Sì proprio lui! Il prof. accarezzando la pianta aggiunge: “I Romani ne davano pochi semi ad ogni soldato ogni giorno per deprimere le loro pulsioni sessuali!”. Questa notizia mi incuriosisce. In tanti anni di clinica omeopatica avrò prescritto Agnus C. in qualche caso di ipogalattia o di escoriazioni anali, ma mai l’ho prescritto a potenze più alte per sintomi generali o psichici. Prometto al prof. di approfondire lo studio e di preparargli una scheda di AGNUS CASTUS inquadrato omeopaticamente.
In Omeopatia, la sperimentazione delle sostanze (animali, vegetali e minerali) viene fatta sull’uomo sano, in buono stato di equilibrio fisico e mentale. In doppio cieco, seguendo i severi sistemi di sperimentazione previsti dal metodo scientifico. Tutti i sintomi che gli sperimentatori sviluppano, vengono raccolti in pagine di Materia Medica Omeopatica Pura e rappresentano tutto quello che quella sostanza ha prodotto negli sperimentatori e che, pertanto , è in grado di guarire in chi ne è affetto naturalmente. SIMILIA SIMILIBUS CURENTUR. Principio già ippocratico che Samuele Hahnemann rispolvera a fine ‘700 in Germania, e su di esso costruisce un nuovo Metodo. Se la malattia è risposta riparativa a un insulto ambientale patogeno, essa va aiutata e non soppressa. Come? Con un rimedio dinamico che le somiglia nella sua rappresentazione sintomatica. Un medico omeopatico ha a disposizione centinaia di rimedi per curare una febbre e tra questi deve scegliere quello più adatto alla totalità vivente del malato. Il rimedio simillimum è quello che agisce meglio di tutti e corrisponde a quello che nella sperimentazione ha sviluppato il maggior numero di sintomi presenti in quel quadro febbrile da curare. Quanta maggiore è la somiglianza tra i due quadri sintomatici, quello naturale nel paziente e quello sperimentalmente prodotto, tanto migliore è la prognosi, sia nella malattia acuta che nella cronica.
Fu proprio Hahnemann che sperimentò per primo Agnus Castus, anche se la pubblicazione di quella sperimentazione avvenne solo molti anni dopo, presa dagli archivi del Prof. Stapf, nel 1841.
In nomen homen, come sappiamo, ma in questo caso vale anche per una pianta, l’Albero Casto, Verbena Verticillata, famiglia delle Verbanacee, cresce sulle spiagge del Mediterraneo, in particolare su quelle della Grecia e della Provenza.
Anticamente utilizzato come antiafrodisiaco e non solo dai soldati romani come raccontava il Prof. Sculli, ma prima ancora dalle donne ateniesi durante le solennità religiose e da molti monaci di mezza età nel corso dei secoli, nel tentativo di deprimere i loro desideri carnali.
Agnus Castus come fitoterapico, cioè somministrato a dosaggio ponderale per es. sotto forma di semi, agisce di contrasto al progesterone e pertanto svolge azione anafrodisiaca, riducendo l’eccitazione e il desiderio sessuale, ma, come rimedio omeopatico, cioè somministrato a dosi infinitesimali dopo essere stato diluito e dinamizzato, agisce in senso esattamente opposto, cioè come afrodisiaco, curando differenti forme di depressione sessuale.
Agnus Castus, nella sperimentazione omeopatica, può sviluppare sintomi su tutti gli organi e apparati, mi limiterò a considerare solo i sintomi della sfera sessuale e quelli della sfera psichica per rimanere nei piani della nostra ricerca storica.
Un quadro generale sintetico del rimedio può essere quello di un soggetto consumato dall’abuso sessuale, corrisponde al vecchio libertino prematuramente invecchiato, impotente e spermatorroico, con le ginocchia fredde e gli organi genitali freddi e flaccidi.
Distratto, con diminuzione della capacità intellettiva e della memoria e una potente paura di una morte violenta che sente imminente.
Il dott.Bukk G. Carleton lo considerava particolarmente indicato in pazienti anziani, impotenti fisicamente ma mentalmente eccitabili, come troppo lo erano stati in giovane età. E J. H.Clarke lo prescriveva in casi di indebolimento della funzione sessuale e nei casi di impotenza in vecchi viziosi con uretrite cronica. H. Duprat in pazienti che avevano perduto ogni desiderio e ogni potere sessuale dopo abuso sessuale, “ostinati libertini prematuramente invecchiat!”.
Il dott. Jarr precisa meglio lo stato generale della mente di questi pazienti descrivendoli come soggetti dall’umore melanconico e ipocondriaco, con apatia, assenza di idee e incapacità a pensare qualunque cosa; che alternano stati di esaltazione ad altri di disprezzo assoluto per sé stessi. Persone dalla profonda tristezza accompagnata dall’idea fissa di morte imminente, per i quali tutto diventa inutile.
Le principali indicazioni cliniche sono: agalattia, escoriazioni e fissurazioni anali, ascite, distorsioni, ulcere gengivali, splenomegalia, gonfiori e indurimenti testicolari, gonorrea secondaria, gotta, leucorrea, nodosità reumatiche, odontalgie, slogature, ulcere alla bocca, sterilità, nevrastenia, impotenza, depressione.
La domanda che rimane è: i soldati romani che assumevano i semi di Agnus C. venivano solo “depressi” sessualmente (e a che scopo?) o piuttosto alleggeriti dalla paura della battaglia e della morte?