Malus domestica (L.) Borkh
famiglia: Rosacee
Le mele rappresentavano l’autunno, dal momento che generalmente venivano colte, al tempo della vendemmia in ottobre, almeno quelle più grosse.
Infatti c’erano delle varietà, ad esempio quelle denominate “odorose” , che resistevano sulle piante fino a gennaio.
Ogni comunità aveva le proprie ed esistevano delle varietà totemiche, appannaggio solo di una determinata famiglia.
Una decina di anni addietro mi trovai a parlare con due miei amici di Africo, Pietro Maviglia “Il Grecia” e suo cugino Bonaventura Maviglia “Camagna”, a cui chiesi notizie sulla sopravvivenza di alberi da frutto o viti ad Africo Vecchio ormai abbandonato dal 1951. Essi mi risposero che solo resisteva qualche vite domestica inselvatichita e solamente il loro melo totemico, appannaggio esclusivamente della famiglia Maviglia. Infatti solo i componenti delle varie famiglie che portavano tale cognome potevano averlo, in caso contrario, individui al di fuori di esse che avessero carpito gli innesti per duplicarlo venivano invitati a rinunciare alla varietà. Probabilmente ciò indicava che tale famiglia era egemone in quella comunità e l’esclusivo possesso di quella varietà di melo rivendicava l’egemonia della famiglia stessa.
Addirittura attraverso tale varietà di pianta si potevano seguire gli intrecci parentali, derivanti da matrimoni. Di conseguenza se una famiglia con altro cognome, si trovava in possesso del suddetto melo, significava che in passato un suo componente era entrato in relazione parentale con la famiglia Maviglia.
Ogni paese aveva un melo caratteristico, talvolta qualcuno che ricordava un frutto appartenente ad un’altra varietà: ad esempio il melo bergamotto.
D’inverno le mele colte al tempo della vendemmia, venivano riposte su incannicciate nei bassi, oppure conservate nelle “rizzole”, specie di reticelle ricavate intrecciando spago, che venivano appese all’aperto sotto i balconi; le mele resistevano anche fino a marzo. Ai ragazzi era “consentito” rubare le mele dalle “rizzole”, ma era complicato farlo, in quanto le mele cadevano giù solo se veniva tagliata una maglia. Ciò era possibile legando un coltello in cima ad una canna e con molta pazienza una maglia veniva tagliata e le mele cadevano giù.
Naturalmente esistevano anche le mele estive: le “Maiatiche” che invece maturavano a giugno; quelle che maturavano a “giugnetto”, ossia luglio; e le Augustariche che maturavano ad agosto. Tutte queste tre varietà erano consimili sia nel gusto che nella forma, anche se le “Maiatiche” o di “Grasta” erano leggermente migliori, più gustose e leggermente più grosse.
Quelle che maturavano a “giugnetto” erano pronte alla fine di luglio ed infine le Augustariche erano mature nella seconda quindicina di agosto.
Esse si offrivano in un periodo ricco di altri frutti: pere, pesche,netterine, fichi, lo zibibbo più precoce, il moscatello e di conseguenza venivano snobbate e guardate con un certo disprezzo, anche perché risultavano leggermente asciutte.Per tali motivi tale varietà di melo aveva una scarsa diffusione e bastava poco perché si estinguesse. Fino ad una decina di anni addietro esisteva una bella pianta nell’asilo, splendido e abbandonato della frazione Saccuti a Ferruzzano Superiore, che era stato costruito per impegno di Zanotti Bianco per i bambini di Ferruzzano distrutto dal terremoto del 23 ottobre 1907; ormai è morta da alcuni anni.
L’unica pianta che sopravvive, stremata, è quella posta nel podere di Caterina Todarello, in contrada Saccuti nel comune di Ferruzzano, posta accanto ad un delizioso cascinale rurale, in fase di crollo, che ospita all’interno uno spettacolare palmento con una croce bizantina incisa su una parete.
Bisogna fare di tutto per salvare tale varietà, prelevando gli innesti e duplicandola varie volte anche perché le meline che essa produce in definitiva sono fragranti e profumate, con una grana fine, bianca e delicata.
Il periodo di maturazione dei frutti di tale varietà si colloca alla fine di agosto, quando il confronto con altri frutti è durissimo.