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Quercia castagnara

Quercus virgiliana Ten.

famiglia: Fagacee

Tale biotipo di quercia contiene nella definizione il cognome del grande botanico del Regno delle Due Sicilie, Michele Tenore, che l’aveva studiato.

Il nome non scientifico di Quercia castagnara è dovuto al fatto che le sue ghiande sono dolci e che cotte alle braci hanno un vago sapore di caldarroste.

Nel passato tali piante, specie lungo il litorale ionico reggino erano molto diffuse ed organizzate in boschi di piante monumentali, di cui resta qualche pianta a testimoniarlo.

Nel periodo tardo imperiale romano probabilmente era stata programmata la coltivazione delle querce castagnare; infatti nel Tardo antico, il Bruzio (attuale Calabria), riforniva di carne di maiale, oltre che di vino, la curia papale.

Le ghiande dolci erano gradite ai porci come le castagne, con l’aggiunta che esse erano disponibili dalla fine di ottobre, quando le castagne stesse cominciavano a mancare, fino a tutto dicembre.

Esse, sono di pezzatura diversa, ma le più diffuse hanno una forma che le fa somigliare vagamente alle nocciole.

Le ghiande fotografate, riferite al presente testo, sono state prelevate dalla quercia di Miceli Giuseppe, in contrada Naturale nel comune di Ferruzzano. Esse hanno il diametro di 14 mm e sono lunghe circa 2,7 cm. La loro buccia è di colore marrone scuro, mentre la polpa è bianca.

Sono state osservate, la quercia di Ferruzzano che produce ghiande intensamente dolci e quella di Bova dalle ghiande tendenti all’amaro, che è situata tra la proprietà dell’avv. Condemi e quella del dott. Bruno Traclò, in contrada Bricha. Ambedue fioriscono nella prima quindicina di maggio ed è identico il periodo di maturazione che è novembredicembre. La forma della ghianda è ovata.

Le ghiande dolci rappresentavano una riserva strategica in tempo di carestia, specie in seguito agli incendi dei seminati, da parte dei pirati islamici. Le querce che le producevano erano considerate alla stessa stregua delle piante di castagno e crescevano dalle basse colline costiere fino a 600-700 mt di altezza. Addirittura in periodi di scarsità di farina, le ghiande essiccate venivano macinate al mulino e la farina ricavata, veniva mescolata con quella di grano o orzo; nel periodo del fascismo le ghiande della Quercia castagnara venivano abbrustolite e macinate per ricavarne un surrogato di caffè.

Dalla zona di Bricha, dove è stata censita una sola pianta monumentale, fino al castello di Amendolea c’era un bosco continuo di enormi querce castagnare, che crescevano nel territorio demaniale, che fu acquisito al patrimonio statale dal governo postunitario. Nel 1863 fu iniziata la costruzione della ferrovia sulla costa ionica della Calabria e i piemontesi iniziarono la devastazione dei boschi costieri.

Il defunto Bruno Casile, che scrisse le sue poesie in greco di Calabria, ricordava che essi proposero agli abitanti di Amendolea un referendum sulla decisione o meno di tagliare il bosco preziosissimo, ma in massa essi risposero che non bisognava violarlo. Le querce furono ugualmente tagliate ed il territorio è ora brullo ed esposto alle frane. Come muta testimonianza di questo atto, è rimasta la quercia di Bricha, il cui tronco a 1,3 mt dal suolo, misura sei metri e sessantasei cm di circonferenza e potrebbe avere più di 500 anni di età.

La Quercia castagnara era diffusa ampiamente in tutta la Calabria, ora invece la sua presenza è sporadica.