Olea Europaea L.
famiglia: Oleacee
Cinque anni addietro ho avuto una segnalazione da Daniele Perri di Cirella di Platì in relazione ad un ulivo particolare da salvare, unico del suo genere, intrappolato dentro un’enorme siepe di rovi, nonostante esso fosse quasi monumentale.
Mi recai nel posto indicato, nel comune di Ciminà, assieme ad Arturo Rocca , allora dirigente amministrativo dell’Istituto Commerciale di Siderno e assieme cominciammo a percorrere il suo territorio, arrivando in un posto incantato alla base di un’alta collina dove ai margini di una strada sorgeva un cascinale rurale affiancato da un enorme persiana o norìa (ruota), imperniata su un robusto asse che la faceva girare quando l’acqua di un piccolo ruscello perenne andava a sbattere contro dei catini imperniati sulla ruota.
L’acqua dei catini d’estate veniva fatta affluire su un condotto mentre in altri periodi veniva disattivato l’afflusso.
L’asse della ruota comunicava all’interno con altri ingranaggi che davano movimento sia a due ruote orizzontali atti a macinare il grano o altri cereali (mulino ad acqua), che a due macine appaiate in verticale, che vorticando in giro in una vasca a forma di scodella di pietra (squeglia),frangevano le olive (frantoio).
Nei pressi del frantoio sorgevano delle belle dimore padronali in via di degrado, che erano appartenute ai Grillo, famiglia aristocratica originaria della Piana di Gioia che si era trasferita a Ciminà;i Grillo non vivono più a Ciminà e i loro poderi sono stati venduti o abbandonati.
Non molto lontano dal frantoio che funzionava con la forza idraulica, sopravviveva l’ulivo e bisognava recuperare gli innesti per salvare la varietà, ma la difficoltà era costituita dal fatto che non c’erano virgulti giovani, adatti all’innesto, nei pochi rami pendenti al di fuori della siepe, per cui con l’aiuto di Arturo mi arrampicai da un ramo pendente e risalii in direzione del tronco, tagliando di volta in volta i rametti spinosi del rovo che impedivano il transito. Con difficoltà raggiunsi la parte centrale della pianta dove il vento aveva spezzato un ramo, dove erano nati dei virgulti.
Ridisceso, dopo aver ringraziato Daniele, ci dirigemmo nel podere di Arturo in contrada Cardà (luogo dove crescono piante spinose) e innestammo un giovane oleastro (il periodo indicato per innestare gli ulivi nella Locride si colloca nella seconda decade di aprile, con l’innesto a finestrella, non più praticato perché difficile, mentre quello a corona si può tentare anche alla fine di marzo).
Due anni addietro la pianta che sta crescendo bene, evidenziando una robustezza inaudita dei rami ed un verde molto intenso del fogliame, ha prodotto i primi frutti, che personalmente non ebbi la possibilità di vedere, per verificare quanto aveva affermato Daniele, secondo cui la varietà veniva definita Citrina perché ad un certo punto le sue drupe divengono di colore giallo chiaro, assumendo poi il colore definitivo che è quello bianco.
Visitai la pianta in primavera e constatai che aveva una ricchissima fioritura, che lasciava ben sperare, in questi giorni invece mi recai con Nino Cannatà, perché eseguisse le foto e di drupe trovammo ben poche e in prevalenza rovinate.
Analizzammo il motivo e scoprimmo che essa aveva subito un violentissimo attacco di tripide, che agisce in tre fasi. Nella prima fase, all’inizio della primavera attacca i germogli teneri, nella seconda fase la base dei fiori, mentre nella fase finale punge le drupe. Mancavano i segni del primo attacco, probabilmente perché la linfa delle foglie tenere sconcerta l’insetto, massiccio era stato l’attacco ai fiori, in quanto erano rare le drupe allegate e violenta era stata l’aggressione alle olive, in quanto ognuna di esse era stata punta più volte. Poche erano state risparmiate, però sufficienti ad evidenziarne le caratteristiche; infatti esse, durante la loro evoluzione, passano dal verde al giallo, cosa che aveva determinato la denominazione, per assumere definitivamente il colore bianco.