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Le viti del Mediterraneo antico della Calabria reggina, un articolo di Orlando Sculli

da: www.sorgentedelvino.it

Nel corso della 6a edizione di Sorgentedelvino LIVE abbiamo avuto il piacere di ascoltare il racconto del Prof. Orlando Sculli riguardo gli antichi vitigni da tutto il Mediterraneo ritrovati in Calabria. Pubblichiamo questo suo bellissimo articolo, convinti che il salvataggio della millenaria biodiversità dei nostri semi e delle nostre piante costituisca una garanzia per il nostro futuro ma anche che è oggi davvero necessario guardare alla terra con occhi diversi. Buona lettura e buona scoperta.

Il prof. Orlando Sculli presenta i vitigni antichi calabresi a Sorgentedelvino LIVE

Verso i primi degli anni 50 del 900 in tutta l’Italia meridionale, ma specialmente nelle comunità della Calabria collinare e montana, cominciò l’emigrazione di massa della popolazione, che si indirizzò verso mondi lontani: Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Argentina e Brasile. Tale tendenza era iniziata nell’immediato dopoguerra, ma assunse le caratteristiche di un esodo biblico nel periodo sopra indicato. Verso l’Australia diventarono popolari i nomi dei transatlantici Roma e Surriento, mentre per gli Stati Uniti quello dell’Andrea Doria.

I campi tra la metà degli anni 50 e gli inizi degli anni 60, quando iniziò la seconda ondata migratoria verso le città del triangolo industriale d’Italia, furono abbandonati e furono marginalmente coltivati dagli anziani e dai vecchi.

L’antica civiltà contadina, sempre identica per millenni, scandita dalle stesse ritualità e dalle stagioni, propizie per attività differenziate, scomparve in poco tempo, portandosi dietro le conoscenze delle numerosissime generazioni precedenti. Patì immediatamente la cerealicoltura in quanto erano emigrati i bovari preposti all’aratura e le braccianti utilizzate per la sarchiatura. A ruota furono abbandonati i vigneti per mancanza di zappatori, che fra l’altro erano utilizzatori del vino e gli uliveti; cominciarono a farsi strada dei loschi figuri che si sarebbero imposti in quasi tutte le aree, gli immondi caprai e gli squallidi vaccari. Essi si sarebbero trasformati in quadri dell’andragatía (‘ndránghita), futuri referenti dei politici ed in prospettiva regolatori sociali dei vari territori.

Mi ricordo la trebbiatura della fine luglio del 1957, quando da bambino, partecipai alla “festa” del grano, turbato dalla tristezza in quanto mio fratello il 17 dello stesso mese era partito per l’Australia. Fu l’ultima della mia vita e mi ricordo perfettamente le due mucche di mio padre, una nera ed una avana, che giravano sui manipoli adagiati sull’aia e me stesso trasportato dalla pietra ancorata al giogo.

I bambini ogni giorno venivano gratificati dalla frutta di stagione, pere, albicocche, pesche, pesche noci , uva precoce; le pesche noci rosa, non le ho più riviste.