Citrus Sinensis (L.) Osbeck
Famiglia: Rutacee
L’arancia qui rappresentata in foto, con la sua storia semplicissima, ad un certo punto si tinge di banale e di sciocco, per il desiderio del salvatore di questa pianta unica, di non essere menzionato nella presente scheda perché rappresenterebbe una delazione, il fatto di riportare con nome e cognome colui che si era distinto positivamente per la preservazione di una pianta rara.
E dato che, tutto deve restare nell’anonimato e circonfuso di un alone di omertà, anche per una banalità simile, viene qui di seguito raccontato quanto avvenne una cinquantina di anni addietro, quando un giovane (allora) di Siderno si trovò in un “giardino mediterraneo” ossia un agrumeto, coltivato dal suocero per un proprietario terriero di Locri o di Siderno, nel comune di Locri.
Nella primavera avanzata del 1968, dato che le arance stavano per terminare ed erano mature al punto giusto e straordinarie nel gusto, egli, prima di accingersi ad aiutare il congiunto nella potatura delle piante, si ricorda che gli aranci nella Locride centrosettentrionale si potano a partire da aprile, cominciò ad assaggiarle, cogliendo frutti da piante diverse e verificando il gusto differenziato di essi.
C’era una campionatura vastissima di varietà antiche, mentre recentemente erano state immesse nel campo le varietà nuove di aranci e di mandarini: il tarocco, il tarocco nocellare, il moro, per gli aranci, mentre per i mandarini era stato introdotto un certo quantitativo del tardivo di Ciaculli e i mandaranci.
Trovò straordinarie le sanguinelle del territorio, mentre non gli piacquero per niente, in quanto ancora non erano maturi, i frutti degli ovali calabresi, anche perché avevano le bucce degli spicchi addirittura coriacee, mentre ancora i frutti del Giallo di Caulonia sarebbero maturati alla fine di giugno.
Trovò divine le arance di Spina, però esse possedevano l’albedo (la parte bianca e spugnosa sotto la buccia), molto spesso, superiore al cm e di conseguenza si trovò imbarazzato nel dover scegliere le marze per degli innesti da effettuare su due aranci amari che possedeva nel suo campo a Siderno.
Era indeciso tra le sanguinelle e gli aranci di Spina che, da lì a poco furono espiantati per fare posto a nuove varietà; da questo atto sarebbe derivata l’estinzione di una varietà, appunto l’arancio di Spina ora introvabile.
Mentre era ancora titubante nella scelta delle marze con cui avrebbe innestato due piante nel suo campo a Siderno, si trovò davanti ad una pianta di arancio dai frutti insoliti; essi infatti avevano la buccia non colore arancio, ma color senape con riflessi che viravano al nero.
Restò sbalordito e volle spaccare un’arancia a metà, notando che il suo albedo era sottile e la sua polpa era di un giallo intenso e per giunta con pochi semi; assaggiò il frutto e constatò che era delizioso.
Chiese al proprio congiunto notizie al riguardo e seppe che quando egli era giovane, più di quarant’anni prima, verso il 1930 circa, si era imbattuto in una pianta insolita d’arancio, sempre nel territorio di Locri e quindi aveva praticato un innesto, da cui si sarebbe sviluppata la pianta in questione.
Non ebbe la possibilità di avere altre notizie, anche perché non gli interessavano più di tanto in quanto gli sembrava ovvio che una pianta fosse diversa da un’altra e semmai egli poteva avere solo delle preferenze in riferimento al gusto e semmai ai tempi di maturazione delle arance prodotte dalla pianta inusuale.
Da questo punto di vista egli aveva dedotto che la pianta unica, produceva in maniera abbondante dei frutti e che, cosa che più l’interessava, maturava le sue arance alla fine di maggio quando le altre varietà dell’epoca avevano già effettuato il loro percorso, tranne l’ovale calabrese, i cui frutti a lui non piacevano molto e che avrebbero raggiunto la maturazione a giugno, ed il giallo di Caulonia, molto interessante, i cui frutti sarebbero maturati nello stesso periodo.
Si decise e scese gli innesti dalla pianta che produce frutti dalla buccia color senape; innestò due aranci amari nel suo campo di contrada Passioti di Siderno, ma gli innesti attecchirono solo in una pianta mentre non si ha notizia più della pianta madre di Locri.