Vitis Vinifera L.
famiglia: Vitacee
Tutto il territorio di Caulonia, straordinariamente vocato alla viticoltura, esprime alcune decine di vitigni, degni di essere salvati e poi evidenziati.
Sicuramente, data la vastità del territorio, diversificato in tante frazioni grandi e piccole, le varietà numerose, erano conosciute adeguatamente solo all’interno delle stesse comunità o tra quelle vicine, facenti parte dello stesso comune.
Di conseguenza, nel caso in cui la moda per acquisire i vitigni degli altri, alcuni addirittura internazionali, come il Merlot, il Cabernet, il Cabernet Sauvignon, la Syrah, non abbia già cancellato il retaggio di un passato millenario e glorioso, bisognerebbe esplorare le vigne marginali di tutte le frazioni e contrade: S. Nicola, Ursini, Campoli, Castanea, Agromastelli, Calatria, Crochi, Focà, Vallone Percia, Fiorenza, Vasì, Meschina, Cufò, Mamone, Ruvetto, Ritari, Trinità, ecc., e poi sconfinare nel comune di Nardo di Pace, però nelle comunità dove la gente è affine ai cauloniati, come Santo Todaro.
Nell’estate del 2002, lo scrivente percorreva la statale 106 per raggiungere la valle del Torbido, alla ricerca di vitigni a rischio d’estinzione, quando un signore di Focà, Vincenzo Maiolo, si trovò nella necessità di chiedere un passaggio nell’area di Locri per raggiungere Focà di Caulonia e fu soddisfatto in tale necessità.
Nel tragitto si parlò di viti e Vincenzo diede l’informazione che a Vallone Percia, la sorella Emilia, curava una vigna interessante, in quanto ospitava solo viti di Caulonia.
Il giorno successivo conobbe la straordinaria Emilia che cominciò a guidarlo e a mostrargli i suoi tesori, costituiti non solo di viti, ma anche di pomodori, fagioli, peperoni, fichi, peri ciliegi ecc.
La sua funzione non fu solo quella di evidenziare le essenze del suo campo, ma anche quello di dare indicazioni sulle persone che amavano il territorio, le tradizioni, i propri beni culturali, oltre che colturali.
In seguito, durante una manifestazione di premiazione di donne che si erano battute per migliorare le condizioni delle lavoratrici, la vide tra le donne gratificate da riconoscimento per il suo impegno e scoprì che era stata una sindacalista della CGIl.
Tra le persone indicate da Emilia, figurò Ilario Piscioneri, abitante con la vecchia madre in contrada Fiorenza, dove continuava a curare la vigna che era stata impiantata più di 50 anni prima dal defunto padre, che era costituita solo da viti di Caulonia e nonostante fosse poco produttiva continuava a tenerla in vita per onorare la memoria del suo genitore.
Ancora Emilia raccomandò allo scrivente di andare a visitare a Campoli Antonio Castafaro perché a ridosso della strada che portava a Nardodipace, nel Vibonese, curava una vigna particolare, naturalmente costituita solo da viti di Caulonia.
Antonio era stato emigrato in Svizzera e poi era rientrato in Calabria quando la vecchia madre era rimasta sola dopo la morte del marito.
Ella non se la sentiva di lasciare la casa dove si era recata da giovane sposa e dove erano nati i suoi figli ormai lontani, per cui il figlio, da Caulonia Marina, dove si era costruita una comoda casa, si era trasferito a Campoli, per accudire la sua vecchia madre, nonostante egli non fosse più giovane.
Curava ancora la vigna dei suoi, vecchia ormai anch’essa, che prosperava però in alto vicino ad un bosco di lecci in contrada Ritari; l’unico problema era costituito dai cinghiali, numerosissimi ormai, da quando dei cacciatori avevano liberato alcune coppie.
La vigna era costituita prevalentemente da Liganti di Caulonia, che dalle foglie sembrava somigliante al Grenache, rivendicato fieramente dai francesi, sdegnosamente da catalani, aragonesi e baschi in Spagna, più modestamente dai sardi dalle cui uve ricavano il Cannonau.
Anni addietro in un nuraghe, dei ricercatori hanno individuato un vinacciolo di Cannonau risalente al 1200 a.C.; di conseguenza il Grenache dovrebbe essere d’origine sarda.
Antonio, semplicemente spiegò che il Liganti non era affine ad un vitigno spagnolo, quale può essere l’alicante, ma che portava tale denominazione a Caulonia, perché riusciva ad amalgamare tutte le numerose uve con cui si soleva vinificare nel passato.
Vinificato in purezza, dà esiti straordinari, in quanto il vino ricavato è morbido e dai profumi delicatissimi.
Le analisi molecolari effettuati nel Centro Sperimentale di Turi da parte del ricercatore dott. Angelo Caputo hanno definito le caratteristiche genetiche del Liganti di Caulonia, che sono assolutamente diverse dal Grenache e dall’Alicante.