FACE Festival

Mela odorosa

Malus domestica Borkh

famiglia: Rosacee

Il biotipo qui presentato, corre seri rischi di estinzione, in quanto è presente sporadicamente a Ferruzzano e nella vigna del dott. Bruno Traclò che la tutela, ma non l’ha riprodotta. Infatti, egli è cosciente dei pericoli che corre tutto il germoplasma del suo territorio su cui sono incisi nei toponimi i drammi del passato, con gente in fuga dall’oriente davanti alle invasioni islamiche. Già nei cognomi c’è l’informazione sulla provenienza della gente di Bova, dove perveniva anche il patrimonio agricolo del mondo bizantino. Traclò stesso ha voluto apprendere dai pastori e dai contadini che vivevano nelle contrade più isolate, la lingua degli antenati, ossia il greco di Calabria, ormai quasi perduto e nella sua vigna mantiene e riproduce solo viti del suo territorio.

Egli è il promotore più importante della ripresa colta di Bova, anche se la sua battaglia appare ormai donchisciottesca come quella di coloro che si battono per la dignità della Calabria. Ottenuto il risultato, egli ama defilarsi per dare l’esempio ed altri si appropriano delle sue fatiche, ma egli è ugualmente soddisfatto, dato che vive solo a Bova, avendo rinunciato per essa pure ad un laboratorio dentistico ben avviato e a una ragazza bolognese che gli ha dato l’aut aut: o me o Bova. E Bruno ha scelto Bova riesumando il rito delle Persefoni e salvando in extremis dall’estinzione la lenticchia nera, data per perduta in un convegno internazionale già 24 anni addietro. Dal suo studio dentistico trae anche le risorse, oltre che per vivere, a favore di tante piccole iniziative riferite alla sua terra e dopo un corso residenziale frequentato in Veneto sulle erbe tintorie, sta cercando di individuarle nella Chora tu Vua (nel territorio di Bova) scoprendo che la sua vigna è circondata dalla Isatis tinctoria o guado, da cui veniva estratto l’azzurro fino a meno di cent’anni addietro. L’emergenza però ora è costituita dal germoplasma che sta scomparendo, dopo periodi lunghissimi di permanenza nei rifugi di popoli in fuga che portarono non si sa da dove, anche la pianta che offriva la mela odorosa. Essa era costituita dal biotipo giallo, soffuso di un tenue arancio e da quello rosso, rappresentato dalla foto. La loro particolarità era costituita dalla fortissima fragranza emanata e quando al tempo della vendemmia, in ottobre avanzato, avveniva la raccolta, le mele venivano poste su delle incannicciate posizionate nei bassi e su di esse riposte. La fortissima fragranza, quasi un profumo, si espandeva intorno, per cui le più belle e le più sane, venivano scelte e adagiate nelle casse del corredo delle spose che a breve sarebbero convolate a nozze nel periodo invernale, oppure riposte accanto ai corredi dei nipii (gr. népios, infante che ancora non sa parlare), sacri quanto le spose.

Le mele odorose, di un sapore leggermente acidulo, resistevano fino a tutto il mese di marzo e contribuivano assieme ai fichi secchi, alle castagne secche, alle pere invernali, ai fichidindia essiccati, ai finocchi selvatici, alle giovani chiocciole primaverili e alle riserve di legumi a resistere contro la fame, che sarebbe stata sconfitta momentaneamente con l’arrivo della bella stagione, generosa con i poveri.