FACE Festival

Melanzana verde

Solanum melangena L.

famiglia: Solanacea

Tre anni addietro è stato pubblicato, Aspromonte: Il giardino dei frutti dimenticati dall’editore Rubbettino, che aveva invitato lo scrivente a preparare un centinaio di schede su varietà vegetali a rischio d’estinzione, con la raccomandazione di essere abbastanza stringato in quanto non si potevano superare le 136 pagine di un’eventuale pubblicazione.

Le schede poi dovevano riferirsi a piante da frutto tipiche dei paesi del parco dell’Aspromonte e di conseguenza bisognava andare alla ricerca di varietà che fossero particolari di ogni contesto rappresentato.

Naturalmente si era notato che ogni territorio evidenzia delle varietà non presenti in un altro, però territori contigui possono avere parte del germoplasma comune e parte differenziato.

La cosa più interessante, nel passato, era constatare che la differenziazione si riferiva a tutti i comparti del settore agricolo che andava dalla viticoltura all’olivicoltura, dalla cerealicoltura, ora inesistente, agli ortaggi.

Questo dipendeva dal fatto che le popolazioni delle differenti comunità sono originari da regioni o stati diversi e ad certo punto della storia, esse hanno dovuto lasciare la propria terra, portando con sé le essenze vegetali più rappresentative che potessero funzionare da legame affettivo indissolubile.

Si ricorda a tal proposito che i calabresi alla fine dell’800 quando emigravano, portavano in un contenitore una piccola quantità della terra del proprio villaggio che veniva custodita in casa come una reliquia; quando i genitori morivano, essa veniva posta in un sacchetto sul petto del defunto in direzione del cuore. Questa era una pratica seguita da tutti i meridionali e osservando quest’usanza i settentrionali che erano meno sentimentali dei nostri emigrati, cominciarono a chiamarli terroni o mangiaterra.

Ancora, fino agli inizi degli anni 50 del 900, gli emigrati portarono in Australia, America del Nord, Argentina e Cile in ricordo del proprio paese, i semi dei propri pomodori, melenzane, oppure tralci dalle proprie vigne ecc.

Proprio in questi giorni, in un incontro casuale, il dott. Gurnari di San Pantaleone del comune di San Lorenzo raccontava che nel suo paese, prima degli incendi devastanti di quest’anni, erano state censite 30 varietà di pere, e che addirittura era uscita una pubblicazione a riguardo, ma oggigiorno pochissime di esse, sono riscontrate sullo stesso territorio.

Nel territorio di Bova, fino al 1996, in un’area marginale e isolata, in contrada Cavalli, veniva coltivata una pianta che produceva melanzane candide come la neve, dalla polpa dolce, di forma quasi sferica, che potevano raggiungere il peso di due kg; ora non esiste più, mentre i siciliani hanno valorizzato una loro varietà dello stesso colore, ma di molto, più piccola.

In altri termini, la differenza varietale indicava in origine una differenza etnica che con il tempo si è attenuata ed è scomparsa, ma invece un genotipo di vite portato in un determinato territorio da gente in fuga, in un passato molto lontano, è sopravvissuto fino ai nostri giorni.

Nel campo delle piante ortive la complessità varietale era molto notevole, ed ogni villaggio curava la proprie piante con molta riverenza.

I semi venivano recuperati attraverso il primo frutto di una determinata specie, che di solito nasceva alla base di ogni pianta; con tale sistema si preservava nel tempo una varietà di peperoni, di melenzane, di pomidori, ecc.

Nel caso del grano, prima della mietitura i contadini attraversavano il campo e sceglievano le spighe più belle e più alte che sarebbero state trebbiate separatamente per produrre i semi per l’anno successivo.

Per la melanzana verde, ormai detenuta soltanto dalla la famiglia Mezzatesta, il defunto Francesco nel timore che si estinguesse, preparava ogni anno centinaia di piantine che regalava ai clienti più affezionati a cui le raccomandava come fossero bambini, ricordando loro che le melanzane che avrebbero prodotto sarebbero state ottime, perché molto dolci e delicate nello stesso tempo. Indicava persino le ricette più adatte. Nonostante ciò, la gente le guardava con molto sospetto per il colore strano, anche se molto bello.

Da alcuni anni, lo scrivente, ha assunto il ruolo attivo di diffondere il messaggio di Francesco ed addirittura quest’anno ha commissionato a Giovanni, figlio di Francesco, alcune centinaia di piantine che sono state messe a dimora in un campo di Siderno. Saranno prodotte una decina di quintali di melanzane che saranno diffuso ad un pubblico numeroso e sicuramente la melanzana verde di Bianco, totem del defunto Francesco Mezzatesta, avrà la rilevanza che si merita perché è molto buona e bella nello stesso tempo. La foto professionale, è stata scattata dal documentarista Nino Cannatà di Cittanova, che è ritornato nella sua Calabria, per difenderla ed amarla, come una tenera sposa.