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Melograno Denti i surici

Punica granatum L.

famiglia: Punicacee

Nel vasto panorama delle varietà dei melograni calabresi è presente anche una dai frutti che contengono dei grani particolarmente piccoli, che viene denominata in modo fantasioso, riferito al paragone con i grani di altre varietà dai grani grandi, altre dai grani medi ed altri ancora dai grani piccoli.

Ad Antonimina è diffusa la varietà che produce frutti dai grani piccoli che viene chiamata “Carmosina” e di tale termine non si conosce il significato.

Può darsi che indichi la città italiana o straniera da cui è stata portata e qualcuno ipotizza che tale aggettivo sostantivato possa indicare qualche località d’origine francese, mentre per la derivazione italiana il termine aggettivale di tipo geografico può riferirsi solo alla cittadina di Cormons nel Friuli.

L’informatore più interessante sui melograni, era stato il defunto Francesco Femia di Gerace, che aveva dato le indicazioni per i “Denti i cavallu” e per i “Denti i suméri” (denti di asino) poi andai a chiedere informazioni a Santo Mittica, che non c’è più da due anni ed infine l’anno scorso ho avuto l’opportunità di ritornare a rivedere il campo che egli aveva curato, dotato di due pezzi di vigna costituiti solamente da vitigni di Gerace, che avranno vita breve dopo la sua morte.

Per informazioni sulle viti, assieme ad Arturo Rocca, andai a trovare la moglie, Rosa Filippone, bella e giovane come lo era stato Santo, che perse la vita per disattenzione durante la macellazione di un maiale come faceva tutti gli anni, questa volta ferendosi, il sangue del maiale era entrato in relazione con il suo; da ciò gli derivò un’infezione che lo portò alla morte in poco tempo.

Rosetta assieme ai figli ci guidò sui campi, descrivendo le essenze arboree e persino quelle erbacee presenti e mi stupì la sua competenza, nel descrivere le particolarità di alcune.

Arrivati alla vigna, descrisse una dopo l’altra le caratteristiche dei frutti di tre melograni: “Denti i cavallu”, dai grani grandi; “Denti i sumeri” dai grani medi; “Denti i surici” (Denti di topo), dai grani piccoli ma rossi in quel caso e molto dolci.

Chiesi il motivo perché fossero denominati “Denti i surici” e Rosetta mi rispose che ricordavano per la loro piccolezza i denti di topo.

Era ormai ottobre e le melegrane erano mature, per cui da ogni pianta staccammo dei frutti che assaggiammo e confrontammo tra loro; i frutti di tutte le tre varietà avevano i grani color rubino e dedussi che Gerace, la città bizantina per eccellenza, aveva avuto sempre la competenza di scegliere le cose più belle e più buone da introdurre nel suo preziosissimo territorio.

Ritornai nel mio territorio, non tutelato da cittadini eccellenti come quelli di Gerace e andando a verificare che tipo di melograni ci fossero, incontrai una mia parente, che sotto una pianta di melograno, mangiava un frutto e me ne offrì metà.

Mentre masticava un pugno di grani, mi chiese che tipo di melograno fosse il suo e prontamente gli risposi che apparteneva alla varietà “Denti i surici” ed ella immediatamente sputò quanto aveva in bocca, per cui gli chiesi il perché ed ella mi replicò un po’ irritata: “fino a quando non sapevo che si trattava di una “Denti i surici”, mangiavo tranquillamente e con gusto i suoi frutti, ma ora non più, perché provo orrore per i topi.

Per quest’anno non mangerò i frutti di questa pianta e li darò ai miei vicini di casa, ma tu che sei stato il responsabile di tale malanno, mi devi risolvere il problema per gli anni a venire, innestandomi il melograno con una varietà diversa, scegliendo per cortesia, una che non abbia a che fare con animali”.