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Pero del Paradiso

Pirus communis L.

famiglia: Rosacee

Tale varietà di pero, veniva considerata insuperabile dal punto di vista del gusto ed era considerata rappresentativa per eccellenza del comune di Antonimina.

Stranamente però, essa era poco diffusa in quanto aveva una funzione di forte attrazione per tutti, soprattutto per i bambini dei vicini di campo a cui non era possibile rifiutare il dono di frutti ed era possibile consumarla solo fresca.

Inoltre era poco adatta per ricavare le pere secche, perché i frutti cominciavano a maturare con lenta gradualità, dalla fine di agosto ai primi di ottobre, quando il sole era meno ardente per essiccarli.

Ricordo a tale proposito che ogni risorsa alimentare era contingentata e programmata per l’uso, specialmente invernale e le pere secche costituivano una di quelle, assieme ai fichi secchi.

Naturalmente non tutte le varietà erano adatte a tale scopo e nei campi si privilegiavano quelle più idonee, per cui quelle più buone da consumare fresche erano appannaggio solo dei benestanti i quali potevano “sprecare” risorse utili a superare l’inverno.

Al riguardo si ricorda il proverbio: “Finu a Natali, non friddu e non fami, doppu Natali friddu e fami” e le pere secche aiutavano a superare la fatidica soglia di gennaio quando risultavano intaccate notevolmente le scorte alimentari costituiti anche da una riserva di frutti secchi o essiccati.

Naturalmente si stenta a credere a queste cose, che costituivano la realtà fino ai primi degli anni cinquanta, anche se si cominciano ad ascoltare con una certa preoccupazione argomenti di tale genere, dai racconti dei vecchi, in questo periodo di crisi durissima.

Ai primi d’agosto del 2013 passai dal negozio del mio ex-alunno Cosimo Pelle nella frazione Bagni di Antonimina ed assieme ci dirigemmo con la mia logorata Panda verso l’obiettivo incerto di reperire o meno l’ultimo esemplare del Pero del Paradiso; infatti l’altra pianta presente in un’altra contrada era stata ormai perduta da qualche anno.

Attraverso una sterrata malconcia arrivammo a Tre Arie e poi cominciammo a dirigerci verso San Nicola, lasciandoci dietro di volta in volta cascinali ormai abbandonati o qualche costruzione recente. Cosimo illustrava con i suoi racconti le vicende di questa terra, dove aveva tentato di lasciare qualche impronta duratura il sindaco e poeta contadino Micu Pelle, che da anarchico, dopo l’espulsione dall’Argentina per attività sovversiva era diventato comunista, ma dopo tre duri anni di guerra su fronti lontani. Attraversando piccole vallate isolate constatammo la presenza di case nuove costruite dagli emigrati a Biella o a Genova che hanno voluto dare il loro contributo d’affetto tangibile con dimore utilizzate solo per un breve periodo estivo, pensando al mondo perduto, ma vivo nella memoria.

Ecco il luogo di nascita della dolcissima mistica Rosella Staltari che morì giovanissima a Palermo e mentre Cosimo era intento a parlare della vita della religiosa su un declivio ci apparve un pero con rari frutti rosseggianti.

Finalmente il Pero del Paradiso! E fortunatamente ancora in vita!

Il campo in cui vive appartiene agli eredi Casagrande che non curano ormai da tempo l’appezzamento, in quanto alcuni di essi sono emigrati, ma l’importante è averlo individuato, aspettando l’arrivo della primavera quando si potrà salvare in altri campi con gli innesti.

Scegliemmo allora i frutti più belli per le foto e constatammo che in prevalenza le pere presentano una forma tondeggiante e leggermente allungata con la parte esposta al sole colorata di rosso tenue, mentre quella opposta è giallognola. Il frutto può superare di poco i cinque cm di diametro ed in sezione la polpa appare bianca e pastosa, dal sapore piacevolissimo. Notammo sulla pianta frutti ancora acerbi ed appurammo in seguito che essi maturano poco alla volta in quaranta giorni e talvolta gli ultimi esemplari riescono a superare il mese di settembre per qualche giorno. Inoltre ci fu detto che nei terreni irrigui a maturazione diventano liquescenti e che senza interventi antiparassitari restano intatti per circa il 50%.

La varietà è stata innestata in altri due campi, però il margine è ancora lieve, tra la sopravvivenza e l’estinzione, mentre la pianta madre di San Nicola di Antonimina è morta.