Pirus communis L.
famiglia: Rosacee
Tale varietà aveva un’importanza fondamentale nell’economia di sopravvivenza delle famiglie contadine del nostro territorio ed ogni campo corredato da tanti alberi da frutta possedeva almeno una pianta di pero Lisciandruni o Lissandruni.
Già il nome appare strano in quanto deriva dal nome di persona Alessandro, detto in determinati territori, tra cui Samo, dove il pero era molto diffuso, Lisciandru, per cui Lisciandruni potrebbe significare il grande o il grosso Alessandro.
Esso era diffuso in tutta la fascia ionica della provincia di Reggio ed anche altrove ed in maniera rituale i frutti di esso venivano colti qualche giorno dopo la vendemmia , da parte dei contadini che avessero avuto qualche vigneto e qualche giorno prima da parte di coloro che non lo possedevano.
Le pere venivano trasportate in paese con gli asini dentro grandi ceste (cofini i carricu di verghe e strisce di canna, con i fondi di verghe o grosse liane di vitalba (ligonìa) e riposte con grande premura nei bassi delle case (catoi) su incannicciate.
Già da subito cominciavano ad emanare una forte fragranza che preannunciavano una grande bontà a maturazione.
Erano talmente buone che ancora nell’immediato dopoguerra dei commercianti all’ingrosso dell’area di Reggio radunavano grosse quantità di esse e le spedivano con i vagoni ferroviari addirittura in Liguria, prima che in quella regione e nell’Emilia Romagna si sviluppassero frutteti specializzati, che comprendevano anche quelli di peri.
Molto prima della vendemmia, che avveniva allora rigorosamente in ottobre maturavano altre varietà, ma quella che seguiva lo stesso percorso fuori regione, era la varietà Melone o Conte (quest’ultima denominazione veniva data a Caraffa, Sant’Agata, Casignana e Samo), profumatissima e di media pezzatura, di un bellissimo giallo-oro, dalla forma molto elegante ; essa arrivava a maturazione ai primissimi giorni di luglio.
Pertanto, dopo una decina di giorni dalla raccolta, i bambini ritualmente ogni giorno scendevano nel basso di casa e visitavano con molto interesse le pere stese sulle incannicciate e premendo il pollice su di esse verificavano il grado di maturazione.
Quando il dito affondava facilmente su di esse, significava che erano mature; a questo punto avevano cambiato colore ed erano diventate di un giallo intenso da verde indefinito qual’ erano prima e dotate di puntini neri.
I bambini a questo punto tiravano dalla tasca il coltellino colorato (verde, rosso o di madreperla multicolore) che tenevano ancorato ad un passante dei pantaloni (corti anche d’inverno) con una catenella e cominciavano a sbucciare i frutti fino a saziarsi e ciò avveniva con pochi in quanto essi erano molto grossi, specie quelli maturati su alberi presenti nelle vigne; ognuno di essi poteva raggiungere e superare i centocinquanta grammi di peso. Erano deliziosi, succosi, quasi liquescenti, dolci con una leggera punta di aspro che li rendeva molto interessanti. Quelli che andavano a scuola, era ancora alta l’evasione all’obbligo scolastico, si portavano almeno un frutto che consumavano dopo una semplicissima colazione costituita da un pezzo di pane, accompagnato da cacio, o lardo o olive salate. I bambini delle poche famiglie benestanti venivano portati a scuola dotati già da piccoli cestini con dentro prodotti più sofisticati e ciò giustamente destava l’invidia degli altri provenienti da famiglie di contadini, braccianti ed artigiani; talvolta avveniva che qualche leccornia venisse trafugata ad essi. Essi erano ben vestiti e più curati nell’aspetto fisico, ma per fortuna era obbligatorio l’uso dei grembiulini, di colore diverso, per maschietti e femminucce, dotati di colletto candido , che rendevano una certa giustizia sociale in quanto nascondevano gli abitini consunti e rattoppati dei bambini poveri.
Intanto le pere seguivano nel tempo uno strano percorso e ai primi freddi smettevano di maturare e ridiventavano dure e solamente ai primi tepori primaverili facevano il “ritorno” e ricominciavano a maturare.