FACE Festival

Pero Spinella

Pirus communis L.

famiglia: Rosacee

Il pero è una delle poche specie di piante che sono state presenti in Europa e nell’Africa settentrionale prima che in altri contesti e di conseguenza in millenni ha potuto differenziarsi in numerosissime varietà, specie nei paesi del bacino del Mediteranneo.

In Calabria le varietà di pero sono numerosissime, ed ogni territorio vanta specificità che non appartengono ad altri talvolta vicini e probabilmente ciò è dovuto al fatto che tante comunità siano provenienti da mondi lontani da cui avranno portato nella nuova sede le essenze dei paesi d’origine.

I peri offrono, di tutti gli alberi da frutta, forse tranne che per gli agrumi (aranci, mandarini, mandaranci ecc) l’arco di tempo più ampio per la produzione che comincia ai primissimi giorni di Giugno, per alcune varietà, fino a superare la prima quindicina di ottobre; addirittura esiste la varietà Castiglione che raggiunge agevolmente la fine di dicembre.

La varietà qui presentata, nonostante non offra frutti eccezionali, è ampiamente diffusa in buona parte della provincia di Reggio, specie sulle costa ionica e probabilmente sarà presente nelle altre province calabresi.

L’unico motivo che possa spiegare tale diffusione e di conseguenza il successo, è dovuto al fatto che tale varietà era quasi l’ultima ad arrivare a maturazione.

L’altra varietà della provincia di Reggio, che produceva dei frutti che venivano raccolti a tempo della vendemmia, era quella denominata Lisciarduni o più banalmente Pero d’Inverno.

I giudici più esigenti e più imparziali erano come al solito i ragazzini che non organizzavano delle spedizioni verso gli alberi di Spinella, che producevano delle pere alla vista allettanti, belle da vedere, ma in questo periodo essi erano attratti da altri frutti più invitanti quali potevano essere i grappoli delle ultime vigne ancora non vendemmiate, le sorbe, i fichi tardivi, le melegrane, le mele invernali, i fichi d’India fuori stagione, le uve “serbevoli” che erano pronte a maturare e cominciavano ad essere appese sotto i balconi.

Naturalmente in questo periodo non erano ancora maturi le arance e i mandarini, ma già erano allettanti le arance dolci e poi sulle incannicciate nei bassi o ancora per terra erano mature le pere Liscaiarduni.

Per parlare dell’uso che se ne faceva delle pere qui presentate, è stato necessario recarsi in contrada Stabile del comune di Staiti, dove sono state fotografate su una pietra nel podere di Benedetto Tuscano, detto Nato, che ha cominciato a parlare con rimpianto del periodo quando anche le pere Spinelle erano oggetto di attenzione.

Erano dolci e croccanti e a ben pensare erano poi buone e quando si lasciavano anch’esse sulle incannicciate o tra la paglia diventavano migliori di quanto non se ne dicesse.

Esse però non erano adatte per ricavare delle pere secche, anche perché in ottobre il sole era ormai troppo debole, ma del resto quelle in esubero venivano date ai maiali che le gradivano moltissimo, intervallandole con le ghiande dei farnetti che in verità tanto dolci non erano.

Erano ancora utilissime per le mucche sfinite dall’aratura dei maggesi ed impegnate fino ai primi di novembre e passa per lo “sporo” ossia la semina del grano, dell’orzo , delle fave e delle favette.

Ogni tanto il vigile contadino, attento alla loro salute, porgeva loro nel palmo della mano una pera Spinella oppure una manciata di fave, per dar loro la forza per continuare nel loro lavoro defatigante.

Un riguardo maggiore era riservato alle mucche gravide che non erano esentate dalla fatica, ma ogni tanto venivano sottoposte ad un periodo meno lungo di lavoro, per evitare che “sporchiassero” ossia che abortissero.

Ed ancora le pere Spinelle non avevano esaurito le loro potenzialità in quanto ormai con i primi freddi essi potevano essere usati come componenti per i decotti utili per espettorare.

Assieme alle pere fresche Spinelle, si mettevano a bollire in circa tre litri d’acqua le pere secche (cortea, cottia ecc.), i fichi secchi, le radici di liquirizia, di altea, i fiori di malva, i fiori di cardo santo, un limone con tutta la buccia, un mandarino intero anche se poco maturo, una mela spaccata a metà, e i meno poveri ci aggiungevano, qualora lo avessero avuto del miele o in alternativa un bicchiere di vin cotto; il tutto era dirotto ad un terzo, dopo una lunga bollitura.

Naturalmente le pere potevano essere usate fresche perché dolci e croccanti, ma diventavano deliziose quando venivano bollite, perché rimanevano sode e i non poveri ci aggiungevano sopra una spolverata di zucchero.
Per conservare più a lungo questi frutti, a quanto pare non disprezzabili, venivano intrecciate con cordicelle dei contenitori retati a forma rotondeggiante e li dentro venivano riposti quelli più sani e alla fine appesi sotto i balconi, dove si sarebbero conservati per due tre mesi ancora.