Prunus domestica L.
famiglia: Rosacee
Nel mondo contadino agli inizi degli anni ‘50 del 900, venne meno traumaticamente ed improvvisamente, la varietà di susino che dotavano gli orti, le vigne ed i giardini mediterranei, avevano una funzione molto importante nell’alimentazione delle famiglie contadine, che non potevano tralasciare nessuna risorsa per poter tirare avanti nella difficile vita di tutti i giorni.
Infatti appena ci fu l’opportunità di emigrare, tutte le comunità calabresi, specialmente quelle collinari si svuotarono, quasi ad un segnale preciso e raggiunsero posti lontani, sia in Europa che negli altri continenti, rubati al loro mondo antico specialmente dalle navi, che solcavano gli oceani per posti lontani; divennero famosi i transatlantici, il Conte Biancamano, il Roma, il Surriento e l’Andrea Doria.
Naturalmente la scelta era stata obbligata perché i territori della Calabria non ebbero più la capacità di nutrire gli abitanti in modo dignitoso e sicuramente c’era un esubero di popolazione dovuta alla politica del fascismo che aveva dato impulso all’incremento demografico mirato a ripopolare con italiani le colonie d’Africa: Libia, Eritrea, Abissinia e Somalia.
Le prugne, da sempre erano consumate fresche, però in piena estate, quando esse erano usate assieme a tanta altra frutta ed erano in forte esubero, venivano essiccate per essere consumate d’inverno. Addirittura nella Bovesia, una varietà veniva messa a dimora per tale finalità e le prugne essiccate venivano offerte ad eventuali amici o parenti, arrivati per visite di cortesia.
Sporadicamente e da parte di pochi individui, le prugne venivano sistemati in recipienti metallici a macerare e poi venivano distillate in alambicchi rudimentali; veniva prodotta una grappa buonissima, secondo i gusti degli estimatori. Probabilmente quest’uso, era stato introdotto in tempi relativamente recenti, dall’alta Italia.
I prugni rappresentavano una specie molto generosa che cominciava ad offrire i suoi frutti a partire dalla fine di maggio con una varietà che dava prugne di pezzatura media, violacee dalla polpa rossiccia che profumava di fragola, mentre successivamente a giugno maturavano altre dal colore giallino, medio-piccole, assieme alle varietà da “sipala” (siepe), prodotte da piante usate come recinzione, se venivano messe a dimora vicinissime tra loro, di colore bluastro o rosa.
A luglio ed agosto alcune varietà producevano a profusione e i loro frutti alimentavano le persone, mentre gli scarti venivano offerti ai maiali, la speranza dei poveri che per tantissimi mesi dell’anno ricavavano da essi tanti prodotti con cui potevano sopravvivere, tanto che a riguardo era comunissimo il proverbio poco romantico che recitava prosaicamente: “cu si marita è cuntentu nu jornu, cu mmazza u porcu è cuntentu n’annu” (chi si sposa è felice solo un giorno, chi macella il maiale è contento per un anno).
Tra la fine di Agosto ed i primi di settembre maturavano le susine della varietà Agustarica o Virdacchia, forse la più diffusa di tutta la Calabria, probabilmente per il fatto che essa sarà stata la più antica.
Infatti, di essa si trova traccia nelle contrade che vanno dalle parti più occidentali della provincia di Reggio Calabria, a quelle più orientali della provincia di Cosenza.
La denominazione Agustarica, diffusa nelle contrade della Calabria meridionale, sta ad indicare che essa cominciava a maturare i suoi frutti a partire dagli ultimi giorni di agosto, per poi proseguire per almeno la prima decina di settembre, mentre la denominazione Virdacchia, con varianti consimili, è specialmente presente nella provincia di Catanzaro, specie nell’area che va dal golfo di Squillace a quella del Lametino ed indica il colore dominante del frutto.
Esso è infatti grigioverde, talvolta soffuso di un tenuissimo ed impercettibile rosato, mentre l’aspetto appare allungato a forma quasi di mandorla, non schiacciata però.
Il seme del frutto è spiccagnolo ossia si estrae asciutto con facilità, mentre in tante altre varietà di prugne o susine, resta avvolto tenacemente dalla polpa.
La presente foto è stata scattata dal noto fotografo Antonio Renda di Tiriolo in provincia di Catanzaro, nell’orto della sua casa nella frazione Pratora del comune di Tiriolo appunto.