Coloro che illuminano il buio della storia della Calabria prima della colonizzazione ellenica, che iniziò nell’VIII sec. a.C., sono alcuni autori greci dalle cui opere possiamo leggere le informazioni: Omero, Tucidide, Polibio, Dionigi d’Alicarnasso.
A riguardo, avevano parlato Ellanico di Lesbo e Antioco di Siracusa, ma la perdita delle loro opere ci impedisce di conoscere chiaramente le vicende legate a popoli che abitarono la Calabria nel periodo protostorico. Colui che si dilunga su queste tematiche, facendo riferimento a opere non pervenute a noi, è Dionigi d’Alicarnasso, che, nella sua opera Antichità Romane, afferma che 17 generazioni prima della guerra di Troia (1182 circa a.C.), Enotro, nipote di Pelasgo, figlio di Licaone, guidò, nella terra chiamata ora Calabria, un popolo in fuga dal Peloponneso (probabilmente sotto la pressione dell’invasione achea, all’inizio del XVIII sec. a.C.).
Dal condottiero che li guidava i sudditi furono detti enotri, e la terra che abitarono la chiamarono Enotria (terra del vino). Reperti micenei emersi in tanti contesti d’indagini archeologiche assicurano su rapporti commerciali costanti tra l’Ellade e la Calabria nell’età del bronzo, per cui è ovvio che i modelli di sviluppo agrario saranno stati consimili, considerando che gli enotri, forse pelasgi, protogreci, avevano lasciato la loro patria di fronte all’invasione degli achei, che scendevano da un Nord meno progredito. Pertanto, accanto alla coltivazione della vite e del grano, sarà stata presente anche quella dell’ulivo e di alcuni alberi da frutta come il fico, i peri e i meli.
Di sicuro l’agricoltura impegnava più risorse umane dell’allevamento del bestiame, che sarà stato prevalente, in un contesto naturalistico ancora intatto, mentre la popolazione, molto scarsa, era localizzata in villaggi situati sulle alture lontane dal mare.